La Liturgia ci parla della sapienza di cui tutti abbiamo bisogno, specialmente oggi nel mondo occidentale, che a volte sembra impazzito e che – cosa ancora peggiore – crede di essere talmente all’avanguardia da volersi imporre al resto del pianeta. Ma affinché la sapienza ritorni nel mondo, ci vogliono degli uomini sapienti, poiché la società la fanno le singole persone.
La Chiesa è madre, e voi siete generati dal suo grembo fecondo; la Chiesa è nutrice, e voi sapete che in lei vi è il Pane della vita; la Chiesa è maestra, sulle sue labbra vi è la Parola della fede apostolica; la Chiesa nasce dall’amore ferito di Gesù sulla croce, e voi ne siete segno generoso per tutti, vivi e defunti, bisognosi e dimenticati. La vostra è una storia che, variegata nelle forme, nasce dalla fede nel Verbo fatto carne nel grembo purissimo di Maria, e dall’amore di Dio che ci fa capaci di amare c di servire gli altri con il suo cuore.
Oggi festeggiamo San Francesco Maria da Camporosso, frate cappuccino che visse a Genova dal 1804 al 1866, quando morì contagiato mentre assisteva i malati di peste. L’opera principale, che lo rese noto in tutta Genova, era fare la questua per le strade e i vicoli della Città, ricevendo la carità di tutti e donando a tutti la ricchezza di Dio. La sua figura era talmente semplice e vera che la gente lo chiamava il “Padre santo”.
Per questa Comunità claustrale è una festa di famiglia, perché è un Santo cappuccino.
La vita del Beato Angelo è circondata da prodigi che possono farla pensare troppo lontana, eccezionale per la nostra normalità, tanto che non può essere anche la nostra.
Il profeta Michea guarda a Betlemme, piccolo villaggio sconosciuto, e ne vede il destino: “da te uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele”. Un re, dunque, vedrà la luce, l’Atteso delle genti.
Betlemme ci fa pensare allo stile di Dio: Egli agisce nella potenza, ma più spesso opera nel silenzio, come una brezza leggera, invisibile e feconda. Non è forse questa anche la nostra esperienza? Se non siamo troppo distratti, catturati dalle cose, ci accorgiamo che Dio ci circonda: non ci costringe ma ci accompagna.
Il Giubileo è innanzitutto giubilo, gioia per qualcosa che è accaduto e che abbiamo ricevuto in dono. Che cosa abbiamo ricevuto? La consacrazione del tempio dove abita la divina Eucaristia, dove andate a pregare personalmente o insieme come comunità, dove le tappe più significative dell’esistenza vengono celebrate davanti a Dio e con Dio.
Sono lieto di celebrare l’Eucaristia nel giorno del martirio del Beato Carlo Spinola, che avvenne il 10 settembre del 1622 a Nagasaki. Sono quattro secoli da quel momento, ma la memoria del Beato Carlo è sempre viva e attuale.
Da questa altura di antico culto mariano, la santa Vergine benedice il nostro mare e la Sicilia. Saluto con affetto il clero e le Autorità convenute, saluto il popolo di Dio qui così ben rappresentato. Ci stringiamo attorno alla venerata immagine che da secoli ci guarda, e ci presenta il Figlio del suo grembo purissimo. Ma ci stringiamo anche al nostro Vescovo, che in questi giorni celebra il 31° anniversario della sua Ordinazione Presbiterale: mentre gli diciamo al nostra stima e il più cordiale affetto, gli assicuriamo la nostra preghiera filiale.
La giustizia, sia civile che ecclesiastica, è parente della verità, ne deve essere l’espressione applicata, avendo al centro la verità della persona che in Gesù si rivela manifestando la sua altissima dignità di creatura amata e redenta.
È una gioia essere con voi a pregare la Santa Vergine nel ricordo della sua natività. Ringrazio il Sig. Parroco e la Confraternita che mi ha gentilmente invitato, e che è dedicata proprio a questa solennità mariana. Mettersi sotto il grande manto della Madre di Dio significa essere sulla strada giusta verso il Signore Gesù che, da quel grembo verginale, ha voluto nascere. Continuate, cari Amici, a pregare la Madonna, a ricorrere a lei, a insegnare ai bambini e ai giovani a volerle bene, a guardare alla Vergine come al porto sicuro, alla stella che orienta e conduce al cielo. Quel cielo che Gesù ci ha aperto riscattandoci dal peccato e dalla morte dell’anima.