Care sorelle e fratelli. Non solo voi che siete qui ma in tutti i quartieri di Genova, e nelle valli dell’entroterra. Vorrei chiedere a ciascuno di voi: come stai? Cosa provi in questo periodo della tua vita? Di cosa sei preoccupato, e cosa desideri? Cosa ti dà la spinta per andare avanti? Quali persone senti vicine?
La mia prima preoccupazione, infatti, è che come cristiani sappiamo generare comunità aperte, inclusive, con uno stile di prossimità e di attenzione verso chi abbiamo intorno. Che siamo persone di relazione, che non aspettiamo che siano gli altri ad avvicinarsi, ma che usciamo curiosi verso altri ambienti, dove stringere nuove relazioni, scoprire nuove alleanze feconde. Ogni volta che facciamo questo, incarniamo la Buona Notizia nell’umanità di oggi.
Il tema “Europa e San Tommaso” è di ampio respiro e di estrema attualità: mi riferisco non solo al grave, complesso e complicato conflitto in atto, ma altresì alla situazione culturale che vuole invadere l’anima dei singoli e dei popoli, con ricadute sociali sempre più evidenti. L’Europa, infatti, non è innanzitutto una geografia ma un’anima, cioè un patrimonio di cultura, ideali, valori. E’ un ideale e una continua aspirazione, cioè un compito.
Il Catechismo della Chiesa Cattolica è come un cammino a piccoli passi nel mistero di Cristo. E’ una bellezza senza confini, che non solo la fede, ma anche la ragione possono cogliere.
Non è un desiderio di archivistica, né tanto meno di auto memoria, ma unicamente la risposta ad una gentile insistenza da parte innanzitutto di Confratelli nell’ Episcopato e nel Sacerdozio, per cui ho ritenuto un mio dovere corrispondere alla loro benevola attenzione, anche nello spirito di quel camminare insieme che si esprime in modi diversi nella Chiesa, Madre e Maestra.
Costruire una chiesa è molto di più che costruire un edificio: significa che, prima della chiesa di pietre, vi è già la chiesa di pietre vive che sono i credenti. La comunità cristiana non è una raccolta di senza meta, ma una famiglia, e quindi sente il bisogno della casa. La casa di Dio è ovunque, è l’infinito, ma Egli ha voluto legarsi un modo particolare a dei luoghi – gli edifici sacri – perché – come nel deserto al tempo di Israele, gli uomini potessero vedere e toccare la presenza di Dio. Ecco la chiesa dove si celebrano i divini misteri, la comunità si raccoglie in preghiera, insieme si ascolta la Parola di Dio, e dove, nella settimana, si viene per una visita al Santissimo Sacramento nel tabernacolo.
È bello poter celebrare questa solenne Liturgia nella quale i vostri ragazzi riceveranno la Santa Cresima. E’ un dono per loro, per le loro famiglie, per l’intera Comunità. Un dono perché la loro scelta è di esempio a noi adulti, stimolo per essere fieri della fede che abbiamo ricevuto.
Ringrazio il Parroco, Don Gianmarco Vitali, per il fraterno invito e, con lui, i collaboratori e tutta la comunità di Roncola di Treviolo: il motivo principale di questo evento sono i cento anni dalla costruzione di questo tempio, casa di Dio e quindi nostra casa, dove i fatti decisivi della vita sono consacrati e diventano offerta gradita al Signore.
La festa patronale è sempre un momento di famiglia, poiché si ricorda chi ci ha donato la fede e si prega perché la renda più forte e coraggiosa. Egli ha portato la luce in questa terra e diventò Vescovo di questa antica e veneranda Diocesi nel V secolo. Ricordare questa lunga, millenaria storia, ci rende riconoscenti, ci fa pensare al tesoro ricevuto, ci incoraggia a custodire integro questo patrimonio, e ci invita a condividerlo con gli altri. La Liturgia ci illumina e ci guida affinché questa ricorrenza diventi ricca di frutti spirituali.
Sono lieto di condividere con voi il duplice anniversario della consacrazione delle vostre chiese: i 180 anni della nuova parrocchiale di San Giovanni Battista, e i 500 anni della antica di Santa Maria Assunta in Castello. Due eventi che, pur distanziati da secoli, sono una stessa grazia: la creazione di un luogo sacro, dedicato al culto di Dio che non è lontano da noi, ma è vicino: è con noi. Un luogo dove si manifesta in modo particolare la “gloria di Dio” come ricorda la Liturgia.
La Liturgia ci parla della sapienza di cui tutti abbiamo bisogno, specialmente oggi nel mondo occidentale, che a volte sembra impazzito e che – cosa ancora peggiore – crede di essere talmente all’avanguardia da volersi imporre al resto del pianeta. Ma affinché la sapienza ritorni nel mondo, ci vogliono degli uomini sapienti, poiché la società la fanno le singole persone.
La Chiesa è madre, e voi siete generati dal suo grembo fecondo; la Chiesa è nutrice, e voi sapete che in lei vi è il Pane della vita; la Chiesa è maestra, sulle sue labbra vi è la Parola della fede apostolica; la Chiesa nasce dall’amore ferito di Gesù sulla croce, e voi ne siete segno generoso per tutti, vivi e defunti, bisognosi e dimenticati. La vostra è una storia che, variegata nelle forme, nasce dalla fede nel Verbo fatto carne nel grembo purissimo di Maria, e dall’amore di Dio che ci fa capaci di amare c di servire gli altri con il suo cuore.
Oggi festeggiamo San Francesco Maria da Camporosso, frate cappuccino che visse a Genova dal 1804 al 1866, quando morì contagiato mentre assisteva i malati di peste. L’opera principale, che lo rese noto in tutta Genova, era fare la questua per le strade e i vicoli della Città, ricevendo la carità di tutti e donando a tutti la ricchezza di Dio. La sua figura era talmente semplice e vera che la gente lo chiamava il “Padre santo”.
Per questa Comunità claustrale è una festa di famiglia, perché è un Santo cappuccino.
La vita del Beato Angelo è circondata da prodigi che possono farla pensare troppo lontana, eccezionale per la nostra normalità, tanto che non può essere anche la nostra.
Il profeta Michea guarda a Betlemme, piccolo villaggio sconosciuto, e ne vede il destino: “da te uscirà colui che deve essere il dominatore di Israele”. Un re, dunque, vedrà la luce, l’Atteso delle genti.
Betlemme ci fa pensare allo stile di Dio: Egli agisce nella potenza, ma più spesso opera nel silenzio, come una brezza leggera, invisibile e feconda. Non è forse questa anche la nostra esperienza? Se non siamo troppo distratti, catturati dalle cose, ci accorgiamo che Dio ci circonda: non ci costringe ma ci accompagna.
Sono lieto di celebrare l’Eucaristia nel giorno del martirio del Beato Carlo Spinola, che avvenne il 10 settembre del 1622 a Nagasaki. Sono quattro secoli da quel momento, ma la memoria del Beato Carlo è sempre viva e attuale.
Il Giubileo è innanzitutto giubilo, gioia per qualcosa che è accaduto e che abbiamo ricevuto in dono. Che cosa abbiamo ricevuto? La consacrazione del tempio dove abita la divina Eucaristia, dove andate a pregare personalmente o insieme come comunità, dove le tappe più significative dell’esistenza vengono celebrate davanti a Dio e con Dio.
Da questa altura di antico culto mariano, la santa Vergine benedice il nostro mare e la Sicilia. Saluto con affetto il clero e le Autorità convenute, saluto il popolo di Dio qui così ben rappresentato. Ci stringiamo attorno alla venerata immagine che da secoli ci guarda, e ci presenta il Figlio del suo grembo purissimo. Ma ci stringiamo anche al nostro Vescovo, che in questi giorni celebra il 31° anniversario della sua Ordinazione Presbiterale: mentre gli diciamo al nostra stima e il più cordiale affetto, gli assicuriamo la nostra preghiera filiale.
La giustizia, sia civile che ecclesiastica, è parente della verità, ne deve essere l’espressione applicata, avendo al centro la verità della persona che in Gesù si rivela manifestando la sua altissima dignità di creatura amata e redenta.
È una gioia essere con voi a pregare la Santa Vergine nel ricordo della sua natività. Ringrazio il Sig. Parroco e la Confraternita che mi ha gentilmente invitato, e che è dedicata proprio a questa solennità mariana. Mettersi sotto il grande manto della Madre di Dio significa essere sulla strada giusta verso il Signore Gesù che, da quel grembo verginale, ha voluto nascere. Continuate, cari Amici, a pregare la Madonna, a ricorrere a lei, a insegnare ai bambini e ai giovani a volerle bene, a guardare alla Vergine come al porto sicuro, alla stella che orienta e conduce al cielo. Quel cielo che Gesù ci ha aperto riscattandoci dal peccato e dalla morte dell’anima.
È una gioia essere qui per la festa di Nostra Signora della Costa che, da circa sei secoli, viene venerata in questo santuario. UN saluto affettuoso e grato per il fraterno invito al Pastore di questa veneranda Diocesi, S.E. Mons. Antonio Suetta, e a S. A. Mons. Alberto Maria Careggio amato Vescovo Emerito. Sia le letture ascoltate, sia la storia di questo luogo ci invitano alla riflessione e alla preghiera.