“L’offerta gradita a Dio”

Omelia pronunciata Roncola di Treviolo (Bergamo) nella S. Messa per i 100 anni dalla costruzione della Chiesa Parrocchiale
06-10-2022

Roncola di Treviolo (Bergamo) 6.10.2022

100 anni dalla costruzione della Chiesa Parrocchiale

OMELIA

“L’offerta gradita a Dio”

 

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore

Ringrazio il Parroco, Don Gianmarco Vitali, per il fraterno invito e, con lui, i collaboratori e tutta la comunità di Roncola di Treviolo: il motivo principale di questo evento sono i cento anni dalla costruzione di questo tempio, casa di Dio e quindi nostra casa, dove i fatti decisivi della vita sono consacrati e diventano offerta gradita al Signore.

Ma la chiesa non ci deve vedere solo in alcuni momenti, ma anche per i sacramenti e per la Santa Messa domenicale, come pure per la preghiera personale e intima, del cuore e cuore dell’anima con Gesù Eucaristia. Nel silenzio e nella solitudine  del tempio, infatti, entriamo e sostiamo davanti alla Presenza reale di Cristo, all’immagine della Madonna e dei Santi, avvolti dalle anime dei nostri defunti che ci sostengono con la loro preghiera. Nel raccoglimento della chiesa, mentre portiamo a Dio pene e speranze, percepiamo il Misteri della fede, quella luminosa oscurità che non è tenebra inquietante, ma conseguenza della luce abbagliante di Dio: luce ombrosa che ci invita a lasciarci avvolgere come da un abbraccio che conforta, ristora e risana. Nello questo spazio, specialmente nella Liturgia Eucaristica, offriamo “sacrifici spirituali graditi a Dio”, come ricorda San Paolo. E le nostre giornate cambiano volto!

  1. “Sacrifici graditi a Dio”

Perché dobbiamo offrire a Dio qualcosa? Non certo perché Dio ne abbia bisogno, ma perché noi ne abbiamo bisogno! Sì, abbiamo bisogno di riconoscere che Dio è Dio, il Creatore e Padre, il Signore e Redentore, e noi siamo sue creature. Quando l’uomo crede di essere il padrone assoluto di se stesso e si allontana da Dio, allora egli si autonega, poiché non obbedire a Dio significa obbedire agli uomini, ai propri istinti. Vuol dire perdere la strada della gioia, e non sapere più chi siamo, dove andiamo in questo passaggio terreno, così rapido e tortuoso, che cosa c’è oltre la porta del tempo. La luce o l’oscurità? Il nulla o la vita piena? Che senso ha lo scorrere veloce dei giorni, il sacrifico, l’amore stesso? Offrire qualcosa  al Signore non è umiliante, ma liberante, è  riconoscere la nostra Origine e il nostro Destino,  Colui che ci pensa dall’eterno e che ci chiama per nome,  che ci libera dal peccato e ci accompagna verso il Cielo.

In che cosa consiste l’offerta gradita al Signore? Non in cose ma in noi, nell’offerta cioè del nostro cuore, di noi stessi: consiste nel mettere la nostra volontà nella sua volontà, nel portare la sua Parola nella nostra esistenza, nel vivere davanti a Lui. Questa è l’offerta gradita a Dio.

San Paolo, però,  parla di “sacrifici spirituali”. Perché, ci chiediamo, usa questa parola così seria, oggi così ostica all’uomo moderno, ad una cultura che la bandisce come se fosse una specie di sciagura? La mentalità odierna, tutta proiettata al benessere e al godimento immediato, non comprende degli aspetti della vita che sono inevitabili, e quindi nega la realtà; ma anche si priva di qualcosa che è necessario alla bellezza del nostro vivere, e cioè della fatica, della rinuncia, del dovere  e del dono.

Non è forse questa la nostra esperienza? Quando si ama qualcuno – esempio in famiglia – non è forse bello donarsi, e questo non significa forse uscire da sé, in qualche misura rinunciare a sé per farci dono alla persona  amata? Oggi volentieri si pensa e si racconta che l’amore sia tutto spontaneità e gratificazione, e che quando  costa impegno e fatica non è più amore. Insieme alla libertà intesa come anarchia e capriccio, è questo uno dei più grandi inganni del nostro tempo, premessa certa di una società incerta, smarrita, solitaria e triste. Le vittime più grandi sono i giovani, cioè il futuro. Ciò è indegno. è un crimine di cui il mondo adulto è responsabile.

2          “Amerai il Signore Dio tuo”

Nel Vangelo, Gesù risponde alla domanda di un dottore della Legge: “che cosa devo fare per ereditare la vita eterna?”. Nella domanda troviamo un grande richiamo: chi pensa oggi alla vita eterna? Non si pensa forse alla vita presente, a come vivere il più a lungo possibile e meglio possibile? Ciò non è sbagliato, ma se oscura la meta dell’eterno, allora si falsa la realtà e si sbaglia il modo di vivere.

Gesù ricorda la Legge, dove si afferma non solo il primato di Dio, ma anche il primato dell’amore per Dio con tutto il cuore, l’anima, le forze, con tutta la mente! Ritorniamo sulla verità dell’ amare, e il Maestro mette in rilievo che esso non è un sentimento vago, ma è qualcosa di estremamente serio, che impegna tutto l’uomo, anima e corpo, intelligenza per pensare come Dio,  volontà per agire come Dio, e cuore per amare come Dio. Può esserci qualcosa di più concreto, totalizzante, coinvolgente e serio? Cari Amici, quanto guardiamo Gesù, volto del Padre, che ci rivela il suo pensiero, il suo agire, il suo modo di amare? E’ questo il sacrificio gradito a Dio, il dono sacro che Egli ci chiede come risposta al dono del Figlio Gesù.

Il secondo comandamento riguarda gli altri: ama “il prossimo tuo come te stesso”. Questa indicazione è di più facile comprensione anche oggi, ma deve essere inteso come lo spiega Gesù stesso raccontando la parabola del buon Samaritano. In sintesi amare il prossimo, vuol dire prendersi cura dell’altro.

Il racconto procede per gradi: vide, ne ebbe compassione, si fece vicino, gli fasciò le ferite, lo caricò sulla sua cavalcatura, lo portò in un luogo sicuro, lo affida e si carica di ogni impegno. Gesù ci prende per mano e ci conduce sulla via del prendersi cura, cioè dell’amore fraterno. La parabola descrive il prendersi cura che in Cristo si disvela: Gesù ci vede, viene a noi incarnandosi, con la croce ci prende sulle spalle, ci porta al sicuro nella dimora del suo cuore, garantisce per noi nel presente e nel futuro. Il buon Samaritano è Gesù, e da Lui scaturisce il nostro amore fraterno: ogni nostro atto di carità deve da Lui nascere e Lui riflettere. Solo allora sarà non un atto nostro ma di Cristo. Ma dal suo amarci, scaturisce anche il nostro amore per Dio. E tutto cambia.

Torniamo così al sacrifico gradito a Dio da offrire a Lui nella divina Liturgia, che celebriamo in questa chiesa amata e curata da tutti voi. È questa la vera partecipazione alla Messa.

Cari Amici, accostiamoci spesso, anche nella settimana alla Santa Messa: non è impossibile, basta pensare alla grandezza di ciò che accade sull’altare e rimane nel tabernacolo. Sarà più bella anche la vita in famiglia, il lavoro, lo stare insieme.

Card. Angelo Bagnasco

Arcivescovo emerito di Genova