Potrebbe sembrare che, nel suo secondo anno, il Cammino sinodale abbia fatto un passo indietro. Dopo aver trascorso il primo anno ad ascoltare 10.000 persone sul vivere la fede e la Chiesa in dialogo con la città, ci siamo ritrovati in qualche centinaio, incontro dopo incontro, su tre temi ecclesiali che, almeno in parte, sembrano non riguardare quella società con cui dicevamo di volerci confrontare: riscoprire il volto di Gesù; rilanciare gli organismi di partecipazione (i consigli pastorali per intenderci); rendere i giovani protagonisti nella Chiesa. Cosa è successo? Dove ci sta portando lo Spirito? Allora è vero che, come dicono critici e disillusi, non si capisce bene cosa voglia, questo Cammino? In realtà, partecipando, stiamo sperimentando che lo Spirito ci sta spingendo avanti e, al tempo stesso, nel profondo delle nostre vulnerabilità, come dice Papa Francesco. Nel primo anno ci ha chiesto di imparare ad uscire dall’autoreferenzialità; nel secondo, ci ha spinti a cambiare, ridestare, inventare ciò che quell’ascolto e l’analisi dei punti di forza e di debolezza ci hanno indicato. E cioè:
– che per “uscire” dobbiamo ritornare all’origine, ancora una volta, senza stancarci; dobbiamo riscoprire il volto di Gesù che è la via su cui camminiamo insieme; seguire Lui che percorreva strade e villaggi, che incontrava la gente senza esclusioni, pregiudizi o condanne, che sapeva ascoltare, anzi suscitare le domande; Lui che rimette in moto la vita;
– che per testimoniare Gesù nel mondo dobbiamo riscoprire la dimensione comunitaria del cristianesimo che significa partecipare, incontrarsi, far rivivere i “consigli” come luoghi di relazione, passione e creatività e non come stanche ripetizioni dell’abitudine o del già deciso; che dobbiamo decentrarci come preti e responsabilizzarci come laici perché siamo tutti battezzate e battezzati; che dobbiamo formarci;
– che se crediamo al futuro della Chiesa dobbiamo lasciare che i giovani realizzino i loro sogni di vita, di comunità, di cambiamento. Non semplicemente rendere protagonisti i giovani “di chiesa” ma rendere tutti i giovani protagonisti irrinunciabili “per” la Chiesa.
Ne sono nati i tre cantieri “di Betania”, cioè tre palestre di sinodalità, di cui vi parliamo nelle pagine seguenti. Sono temi genovesi ma, significativamente, ricorrono in tante altre diocesi del mondo, segno che lo Spirito sa bene dove vuole portarci. A ben vedere, dunque, non sono tre temi “intimi”, di Chiesa, ma tre precondizioni necessarie per una chiesa in uscita, missionaria. “Comunione, missione e partecipazione”, del resto, erano le tre parole da cui è partito il Cammino e, strada facendo, lavorando ad ogni cantiere, ne stiamo comprendendo appieno la prospettiva. Nel frattempo, sulla “Via” del Cammino sono nate o sono state rivalorizzate tante “buone pratiche” nei vicariati e nelle parrocchie, testimonianza di chiesa sinodale.
Si chiude un anno ma non il Cammino. Il terzo anno attende tutti.
Mons. Gianni Grondona
Vicario episcopale
per la comunione ecclesiale e la sinodalità