Omelia della S.Messa in occasione del Pellegrinaggio del Mondo del Lavoro
09-06-2013
Genova, N.S. della Guardia,
9 giugno 2013
Cari Fratelli e Sorelle
È motivo di gioia trovarci nel santuario della Madonna della Guardia per l’annuale pellegrinaggio delle Società Operaie Cattoliche e del mondo del lavoro. In voi e con voi saluto tutti i lavoratori di Genova, Città di mare e di monti, operosa e concreta, sobria e schiva. La sua è una storia che conosciamo, perché l’abbiamo vista sulle spalle dei nostri Padri, e sui volti delle nostre Madri: gli uni e le altre maestri di saggezza e testimoni di vita. Quella storia non la evochiamo solo per ricordare glorie di cui essere giustamente fieri, ma per prendere esempio di antiche e sempre attuali virtù, per risvegliare coraggio e ardimento, senso civico e voglia di futuro.
Non ripeto oggi considerazioni sulla irrimandabile necessità di sviluppo, lavoro e occupazione, specie giovanile. Né sulla grave crisi economica e lavorativa che sempre più si rivela lunga, e che in questi giorni è aggravata da notizie allarmanti per lavoratori e famiglie. Il patrimonio di Genova – costituito da porto, industria, impresa – deve essere difeso, custodito e rilanciato: ciò è possibile! Esso non è solo della nostra Città, ma del Paese. Alla Santa Vergine affidiamo – come sempre i nostri vecchi hanno fatto – le preoccupazioni nostre e di tanti che vivono ogni giorno l’ansia del giorno dopo. Così come affidiamo l’anima del militare italiano morto in Afganistan e per la sua famiglia.
Oggi vorrei chiedere alla Madonna una grazia particolare. E’ l’ora di smettere ogni spirito di contrapposizione gli uni verso gli altri. E’ l’ora di smettere di criticarci vicendevolmente e di porre veti incrociati. E’ l’ora di smettere di sospettarci a vicenda come se il primo dovere civico fosse quello di pensare male delle intenzioni e delle azioni altrui. Questo modo di pensare uccide la fiducia e paralizza qualunque sviluppo, personale e sociale. E’ l’ora di smettere di volerci attribuire il merito di ogni idea buona, di ogni opera riuscita: la vanità infantile di emergere sugli altri, e di apparire come i migliori della Città, porta a non riconoscere le capacità e le idee di altri, a non collaborare, a trovare ogni appiglio per criticare, per bloccare ogni possibile prospettiva. E’ l’ora di smettere di impuntarci per far vedere chi siamo e che contiamo: nessuno, per affermare il proprio potere, deve bloccare o rallentare processi e progetti per il bene comune. Anche le necessarie leggi e le normative devono essere applicate con buon senso. E’ l’ora di smettere di opporci per nascondere le nostre pigrizie o i nostri piccoli tornaconti che, se venissero fuori, ci farebbero salutarmente vergognare. E’ l’ora di smettere di denigrarci o di spargere sospetti e veleni ad ogni livello e in ogni ambito, creando un’aria cupa. Ciò non fa bene alla gente, alla Città, al Paese. Ricordiamo: chi semina vento, raccoglierà tempesta, e questa non risparmierà nessuno. A chi giova infangare tutto e tutti, come se dietro ad ogni angolo si nascondesse il peggio?
E’ l’ora invece che ci stimiamo di più gli uni gli altri; che ci valorizziamo a vicenda. Che lodiamo pubblicamente in ogni sede il bene che a Genova c’è, si fa e si può fare! E’ l’ora che impariamo a riconoscere le capacità e i meriti degli altri, a gioirne e a collaborare senza invidia, affinché i problemi si superino e il bene si affermi rapidamente poiché la gente, nascosta nelle proprie case, soffre non per modo di dire. La saggezza popolare afferma che l’ottimo è nemico del bene: davanti a qualunque idea o progetto, a qualunque scelta operativa, si potrà sempre obiettare qualcosa – priorità, metodi, tempi, o altro…- ma qui si prova l’intelligenza personale e collettiva, qui si misura l’onestà e il buon senso. Infatti, quando le questioni sul tavolo sono molte e tutte di rilievo, il criterio per decidere è quello di ascoltare la sofferenza della gente: non si tratta di dimenticare qualcosa, ma di non lasciare per strada nessuno a cominciare dai più deboli. Nessuno, come in una marcia forzata, deve sentirsi fallito e arrendersi estenuato davanti alla vita. Sarebbe stolto e colpevole impuntarsi da che parte cominciare senza considerare la carne bruciata dei più. Il lavoro, vecchio e nuovo che sia, aperto a metodi e innovazioni oggi inevitabili, è sicuramente la priorità non solo per Genova ma per l’intero Paese. Guardarci in modo positivo e lavorare insieme – mettendo insieme fiducia, intelligenza, genialità e cuore – aprirà una stagione nuova, darà aria più respirabile a questa nostra amata Genova, che Richard Wagner nel 1853 così descrisse alla moglie: “Anche oggi la mirabile impressione di Genova domina tutti i miei ricordi d’Italia. Per vari giorni io vissi in una vera estasi. Incapace di seguire un piano prestabilito per visitare i capolavori della città, mi abbandonai al godimento di quel nuovo ambiente in una guisa che si potrebbe chiamare musicale. Io non ho mai visto nulla come questa Genova! E’ qualcosa di indescrivibilmente bello, grandioso, caratteristico: Parigi e Londra al confronto con questa divina città scompaiono, come semplici agglomerati di case e di strade senza alcuna forma. Davvero non saprei dove cominciare per darti l’impressione che mi ha fatto e continua a farmi tutto ciò; io ho riso come un fanciullo e non potevo nascondere la mia gioia!…Per offrirti nel tuo compleanno il dono secondo me più grande, ti prometto oggi di farti fare nella prossima primavera una gita a Genova” (Dalle lettere a Minna Wagner, 1853).
Cari Amici, che la Madonna della Guardia ci benedica tutti e ci renda più positivi e saggi. Amen.
Angelo Card. Bagnasco