“Quaerere Deum”

Omelia pronunciata nel Monastero di Finalpia nella S. Messa per la solennità di San Benedetto
11-07-2022

Finalpia, 11.7.2022

Solennità di San Benedetto

OMELIA

“Quaerere Deum”

Eccellenza Carissima,

Distinte Autorità

Cari Confratelli  nel Sacerdozio e nella Vita Religiosa

Cari Fratelli e Sorelle nel Signore

Un caro salto a tutti, e un abbraccio fraterno al Pastore di questa Diocesi, Mons. Calogero Marino. È motivo di gioia celebrare l’Eucaristia con voi e per voi nella festa di San Benedetto, Patrono d’Europa, Padre del Monachesimo Occidentale, luminosa stella nel firmamento della santità.

La ricorrenza, quest’anno, è arricchita da altre due memorie: i 150 anni della fondazione della Congregazione Sublacense ad opera dell’Abate Casaretto, e la stele a ricordo del monaco Carlo Sciandra, che ha profuso fede e amore affinché questo luogo fosse spazio di evangelizzazione.

  1. “Se invocherai l’intelligenza e chiamerai la sapienza”

Com’è noto, di fronte alla decadenza dell’Impero Romano e alla dissoluzione morale e civile, San Benedetto si ritirò a vita eremitica tra le montagne di Subiaco per cercare Dio e non anteporre nulla a Lui.

Il mondo di allora aveva perso la luce e brancolava nel buio, stava smarrendo la misura del bene e del giusto, e Benedetto comprese di essere chiamato a ricostruire il mondo. Per questo si ritirò, ma poi fece ritorno con i suoi monaci per  portare Dio al centro della vita personale e sociale con la luce di Gesù che illumina l’uomo, indirizza il vivere insieme, e ispira civiltà.

  1. “Rivestitevi dei sentimenti di Cristo”

L’esortazione dell’Apostolo Paolo illustra l’agire di Benedetto: “Rivestitivi (…) di sentimenti di misericordia, bontà, umiltà, di mansuetudine, di pazienza, sopportandovi a vicenda e perdonandovi scambievolmente”. Era, questo, non solo un programma di vita spirituale ben applicabile al cenobio, ma anche di vita sociale, tanto più nelle macerie di quel momento storico.

I sentimenti di cui rivestirsi non erano un insieme di esortazioni moraleggianti, tanto meno i lineamenti di una religione civile asservibile a qualche trono secolare. Erano come raggi di sole, come epifania di un principio e di un fondamento: il primato di Dio. La sua lucidità interiore gli faceva  intuire che la santità era il primo modo per servire gli uomini. Era dunque necessario l’incontro vivo con il Vivente, il Cristo, con il suo modo di pensare, di amare e di viver insieme.

In quest’ottica, il monastero doveva essere come la città posta sul monte, affinché fosse visibile, attraente, ed esemplificasse che – perché ci sia giustizia – ci vogliono degli uomini giusti. Non bisogna, infatti, elucubrare, ma vivere: non  un’ideologia, ma un’esperienza, cambia il cuore e fa vera cultura.

La rapida diffusione del monachesimo in Europa crea un “humus”comune di fede e di dottrina, di  ideali e di comportamenti – entro certi limiti di lingua – che sono la base della civiltà europea e della sua missione spirituale. Ciò è talmente vero che non pochi – ieri e oggi – hanno scritto che, se il Cristianesimo venisse meno, non solo si perderebbe l’identità profonda del Continente, ma sarebbe a rischio anche la dignità umana!

  1. Tutto si compia nel nome di Gesù”

Il primato di Dio non è una affermazione astratta, bensì è decisiva  poiché, dove c’è Dio, c’è umanità, c’è calore, si è a casa, sorgono familiarità e condivisione. Solo se Dio è onorato, infatti, siamo onorati anche noi uomini, e cresce un vero stare insieme: quando, invece, si tralascia Dio, niente è più grande e l’uomo è sballottato da una parte all’altra.

La violenza e i conflitti non esprimono forse  la mancanza di Dio? Anche là, dove si dice di credere in Dio ma non lo si onora nel modo giusto, allora facilmente subentrano l’invidia e il risentimento, la discordia e la prevaricazione, la voglia di essere e di avere più degli altri. Tutto questo non tradisce forse il vuoto interiore, l’aridità spirituale, una sterilità di vita, una profonda insoddisfazione che solo Dio può sanare? Si tratta del radicale bisogno di Assoluto, senza il quale  l’uomo va alla ricerca  di illusorie compensazioni, anche violente. E ciò vale anche per popoli, nazioni, continenti.

San Paolo ripete: “tutto si compia nel nome di Gesù” Non è certo una frase ad effetto, un nominalismo che suona devoto ma resta astratto: l’esortazione entra nella carne e nel sangue e indica un a modo di operare nel quale emerge l’agire di Cristo in noi e – attraverso noi – nella storia: “Non sono più io che vivo, ma Cristo vive in me”! Ciò richiede una resa a Dio e una continua lotta interiore, un’ascesi possibile con la forza della grazia. In questa prospettiva, rovesciata rispetto alla logica del mondo, il Signore raggiunge le anime con la sua potenza salvatrice.

  1. “Querere Deum”

Per San Benedetto, il “quaerere Deum” è la via maestra per rivestirsi degli stessi sentimenti di Gesù e così vivere nella fraternità e nel mondo. Ma come cercare Dio? Viene in mente la sintesi della vita monastica: “ora et labora”! La preghiera e il lavoro sono il luogo e il frutto del cercare Dio: nulla di più visibile, concreto e necessario! L’umanità nuova non è quella che fa miracoli o imprese straordinarie, ma che vive la vita quotidiana. E’ vivere l’ordinario in modo straordinario, scorgendo cioè il volto di Gesù anche quando i passaggi sono difficili, sapendo per fede che il dolore – che impasta l’umana esistenza – resta dolore, ma che il suo significato è gioia. E che – come dice il Maestro ai discepoli un po’ calcolatori – Egli ci chiede tutto, ma dona il suo tutto, cioè l’infinito e l’eterno.

Comprendiamo così perché i monasteri benedettini fossero visti come delle luci nel buio: quella missione è necessaria anche nel nostro tempo. Quanto più cresce la presunzione di vivere senza Dio, magari senza negarlo ma mettendolo ai margini, tanto più emerge la sua chiassosa tristezza, E tanto più i discepoli del Signore sono chiamati a dare speranza all’uomo moderno, creando oasi di preghiera, unità, e benevolenza operosa; comunità di riconciliazione e di pace per crescere nella fede e per servire il mondo.

San Benedetto ci guidi con la sua intercessione e ci aiuti a cercare Dio con la preghiera e il quotidiano lavoro guardando il Cielo.

 Card. Angelo Bagnasco

Arcivescovo emerito di Genova