Il fascino del Volto invisibile

Omelia pronunciata nella Chiesa del Gesù a Roma in occasione del Congresso 'Liturgia ed Evangelizzazione'
26-02-2015
Roma, Chiesa del Gesù, 26.2.2015
Congresso ‘Liturgia ed Evangelizzazione’
 
OMELIA
‘Il fascino del Volto invisibile’
 
 
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore
1. Il convenire da ogni parte d’Italia per riflettere e pregare sul rapporto tra ‘liturgia ed evangelizzazione’ è un primo elemento di quella bellezza che il mondo contemporaneo desidera: la comunione delle diversità, la sintesi del molteplice. La bellezza – com’ è noto – è armonia e cifra: potremmo dire, è una punta rovente e avanzata dell’umano che porta, in modi plurimi, sulla soglia di un ‘oltre’ che misteriosamente affascina, poiché la creatura – impastata di limite – sente che l’infinito è la sua vera casa e il suo destino. La ragione, infatti, fiera delle sue conquiste e consapevole del suo continuo cercare, tuttavia sembra insoddisfatta, intuendo che solamente un orizzonte ulteriore è il suo compimento. Potremmo dire che la bellezza – in ogni sua autentica espressione – da ali alla ragione e la conduce sul confine fra il tempo e l’eterno, l’affermazione e la domanda, l’ombra e la luce, la terra e il cielo.
2. La liturgia, come ricorda il Concilio Vaticano II, è fonte e culmine della missione della Chiesa e della vita cristiana, ma questa grande e decisiva realtà sembra non essere ancora penetrata a sufficienza. Se pare astratta, è perché noi la teniamo fuori dal cuore e dalla vita, mentre essa chiede di entrarvi. E la via è quella di arrenderci, di lasciarci prendere – come da un vortice infuocato – per essere immessi nella grande liturgia del cielo. Potremmo dire che la liturgia terrena ci chiede di attraversare le piaghe del Crocifisso per entrare nell’assemblea celeste – così come cantiamo in ogni prefazio -,  e così incontrare il Risorto nel cuore della Trinità. Lì unirci al sacrificio di Cristo che si consegna eternamente al Padre e, così rigenerati, tornare alla vita quotidiana. Non è innanzitutto questo l’essere continuamente evangelizzati di cui abbiamo bisogno noi credenti? Per questo motivo possiamo dire che mai si ‘assiste’ alla divina liturgia, ma sempre, dovunque e comunque si ‘partecipa’. Possiamo dire che l’ ‘actuosa participatio‘ non è innanzitutto un’attività, ma una passività, un arrenderci fiduciosi alla volontà di Dio sulla nostra esistenza, così come le gocce d’acqua si abbandonano e si trasfigurano nel calice del vino.
In questo orizzonte, le parole del Vangelo ascoltato assumono luce: ‘Il Padre vostro darà cose buone a quelli che gliele chiedono’. Sì, il Signore ascolta sempre i suoi figli e, nel dinamismo liturgico, vi è sempre una risposta concreta e coerente con la le nostre situazioni e le nostre attese. Lui è il Padre e noi siamo figli nel Figlio.
3. E la bellezza? Nel tempo e nella logica di un’omelia, vorrei dire solo che la bellezza liturgica – sulla quale questi giorni daranno materia qualificata di riflessione e orientamento – è aiutata da due elementi intimamente connessi. Il Protagonista vero della liturgia è Cristo, l’eterno e sommo Sacerdote; non siamo noi. La liturgia è bella, dunque, perché è Lui che la celebra, e nella misura in cui essa fa percepire questo. Non tanto le nostre parole, gesti, ritma la capacità dei santi segni di attirare l’attenzione sul volto dell’Invisibile. Nulla dovrebbe distrarre o ostacolare, ma tutto – le nostre persone, i riti, i canti, l’ambiente – tutto dovrebbe umilmente rimandare, riflettere la luce del Volto santo che – con gli occhi del Pantocrator – guarda il popolo in preghiera e il volto della Trinità. La Chiesa, che ha in custodia il tesoro della liturgia, ne interpreta e regola le forme, perché il mistero non solo si realizzi ma si manifesti nell’ umanità delle persone e delle cose.
4. E la forza evangelizzatrice? Il Santo Padre Francesco è chiaro: ‘L’evangelizzazione gioiosa si fa nella bellezza della liturgia (…) La Chiesa evangelizza e si evangelizza con la bellezza della liturgia’ (EG 24). Non vi è nessuna aspirazione estetizzante fine a se stessa, ma il riconoscimento della realtà umana come ho prima accennato, realtà dove il Figlio di Dio si è incarnato e che ha elevato a luogo d’incontro. Veramente il cristianesimo è la ‘religione dell’incarnazione’! Non è il numero delle parole né la moltiplicazione dei gesti, ma la nostra fede, la nostra preghiera, la nobile sobrietà, l’intelligenza artistica ispirata, che rendono l’ambiente e la celebrazione non scialbi e banali, ma belli ed eloquenti per la sensibilità di tutti. Li rendono presaghi e annunciatori di un mistero invisibile, capaci di liberare nei cuori nostalgie lontane ma non assenti di un mondo migliore che già oggi si offre.
Ma come la liturgia può avvicinarsi a chi non ha il dono della fede e non frequenta i santi riti? Questo Congresso darà gli stimoli opportuni: l’esperienza pastorale, comunque, testimonia che le occasioni di incontro della liturgia con la gente di ogni dove non sono poche né poco significative. Gli stessi mezzi di comunicazione rendono accessibile il pluriforme linguaggio liturgico, e questa è una grande opportunità che accresce la nostra responsabilità perché nulla – nella fedeltà alla Chiesa – diventi mondano, e quindi lontano dal cuore del mondo che guarda forse senza la fede, ma con interesse o curiosità. Dio ha le sue strade!
5. Cari Amici, vi ringrazio per la vostra partecipazione a queste giornate di studio, di dialogo e di preghiera. Grazie agli organizzatori, in particolare agli Uffici della CEI e alla Pontificia Università Gregoriana che ha accettato di curare la parte scientifico-pedagogica, e di coinvolgere altre prestigiose Accademie. I Vescovi italiani vi ringraziano e contano molto sugli apporti scientifici su questo come su altri temi che emergono nel nostro tempo. I tesori di intelligenza e di competenza sono moltissimi: l’ora che Dio ci dona sempre più ci interpella per uscire al largo come incoraggia il Santo Padre: perché il Signore, che sempre ci precede nelle nostre Galilee, non ci trovi assenti ma accanto a Lui, noi servi inutili, ma chiamati tutti alla gioia di essere braccianti generosi nei molti terreni dell’evangelizzazione.
                                                                                             Angelo Card. Bagnasco
                                                                                              Arcivescovo di Genova
                                                                            Presidente della Conferenza Episcopale Italiana
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