Il Beato Tommaso Reggio

10-11-2012
Genova, Cattedrale di San Lorenzo,
10 novembre 2012
Cari Fratelli e Sorelle nel Signore

1. La vita

Il 22 novembre del 1901, nel Paese di Triora, rendeva l’anima a Dio Mons. Tommaso Reggio, Arcivescovo di Genova per nove anni. La Chiesa lo ha dichiarato beato nel 2000, e oggi siamo qui a venerarlo con gioia, a impetrare la sua benedizione sulla Diocesi che tanto ha amato e servito e, al termine della celebrazione, esporremo al culto la sua immagine. Sappiamo che il miglior culto dei santi e dei beati è pregarli e imitarli, ma per fare questo è necessario conoscerne lo vita e, soprattutto, l’ anima.
Nato nel 1818 a Genova, diventa sacerdote nel 1841. Il suo ministero è presto detto: Vicerettore del Seminario a Genova, poi Rettore in quello di Chiavari che era ancora parte dell’Arcidiocesi, e successivamente Abate della Basilica di Carignano. Nel 1877 fu nominato Vescovo di Ventimiglia e, proprio quando chiese al Papa di ritirarsi per l’età, Leone XIII lo inviò Arcivescovo a Genova. Evidentemente, l’eco della fede, dell’ardore apostolico e del suo sapiente governo, era andata ben oltre la Liguria. Il Nostro era una personalità ricca di doti di natura e di grazia, doti a cui la fede e il sacerdozio davano sintesi e armonia. Infatti, non basta avere delle belle doti, né per un laico né per un sacerdote o un vescovo, se non esiste un equilibrio di personalità e di vita. Le capacità anche geniali, specialmente quando si ha responsabilità verso altri, possono addirittura nuocere se non sono ordinate secondo una gerarchia di valori, con dei criteri per adoperarle al meglio nel contesto concreto della famiglia, del lavoro, della società, della Chiesa. Il bene, infatti, bisogna farlo bene. Le situazioni, i bisogni delle persone, le necessità dei tempi non danno i talenti alle persone, ma certamente contribuiscono a darne senso, e li indirizzano nella realtà storica. Così è anche per i Ministri di Dio. E il Reggio spese se stesso con sapienza dentro alle circostanze nelle quali la divina Provvidenza lo pose, in un certo senso lasciandosi guidare da esse. In questo orizzonte, fu uomo di cultura, educatore di sacerdoti e di anime, organizzatore nell’editoria, attento lettore dei movimenti sociali e politici in un tempo per nulla facile, basta pensare alla presa di Roma con il conseguente “non exspedit” e le tensioni che conosciamo dalla storia. In ogni circostanza era maestro di verità, una verità non sua, che non poteva quindi addomesticare: “Dura è talvolta la verità, non per questo tacerà sul mio labbro. Essa illumina la mente e tocca i cuori nel punto più intimo: semplice e schietta la udrete sempre da me. Dimezzarla o velarla è tradimento delle anime”. Questo criterio – che deve essere proprio di ogni Pastore – è stato come l’anima del suo intenso ministero, sia da sacerdote che da Vescovo e Arcivescovo.

2. Formatore di seminaristi e di sacerdoti

“Sono ecclesiastico: è necessario che io sia santo. Dunque si mettano in pratica tutti i mezzi per diventarlo. Costi quanto vuole, bisogna arrivare”, sono parole che egli ha scritto per sé e che subito rivelano la tempra dell’uomo: chiaro, concreto, determinato. E per non battere l’aria, aggiunge senza fronzoli: “Preghiera, messa, officio con molta attenzione”!
Questo era Tommaso Reggio. In una parola, un uomo e un sacerdote solido. Parole che egli applicò nell’opera formativa dei seminaristi prima a Genova e poi a Chiavari, in un tempo in cui la formazione e la disciplina non erano proprio consuete. Una certa aria cosiddetta liberale si respirava un po’ ovunque, e dare ordine saggio al cammino educativo delle anime in vista della vocazione universale alla santità cristiana e, in particolare, alla santità del sacerdozio e della vita pastorale, non era affatto scontato. Anche perché, dato il tempo tumultuoso e segnato da fazioni, il nostro Formatore voleva che il futuro presbitero avesse l’impronta non della partigianeria, ma della universalità: il prete è l’uomo per tutti non per qualcuno. Ma perché fosse così, doveva essere l’uomo di Dio, solo di Dio. Ecco la sorgente gioiosa della libertà vera e del servizio universale.

3. Uomo di cultura e di azione

Il carattere forte e limpido del Reggio, si espresse anche nel difficile dibattito culturale del tempo, in particolare attraverso l’editoria e il giornalismo. Non certo per voglia di esibirsi, ma per difendere e affermare la verità a servizio delle anime, di tutti coloro che volevano pensare con la propria testa e non ripetere gli slogans circolanti. Nel 1848 fonda un giornale quotidiano “Il cattolico di Genova” che presto diventerà “Il cattolico”, e poi “Lo stendardo cattolico”. Lo scopo della stampa cattolica, allora come oggi, è offrire un’ informazione non sformata dei fatti, cercare di interpretarli nell’ ottica cristiana e dare voce alla Chiesa. Il Reggio soleva ripetere, a proposito di questo prezioso campo di azione, “tempi migliori ci saranno quando si sarà in grado di procurarseli”! E’ il giornalismo, oggi diciamo il vasto campo dei media, una scuola attraverso cui si formano e si veicolano idee, criteri, orientamenti sia per l’individuo che per la società. E il Nostro già allora aveva compreso che non si poteva essere assenti, non certo per conquistare potere ma per servire le anime. Non si poteva e non si può essere pigri. Quando, dopo la breccia di Porta pia”, molte cose si complicarono, venne l’indicazione di sospendere il giornale, e Tommaso Reggio scrisse: “Al Papa noi dobbiamo obbedienza esatta pronta e sollecita (…) non dubbiezze, ritrosie, restrizioni”.

4. Il Vescovo

Il suo servizio episcopale – a Ventimiglia prima, a Genova poi – durerà quasi venticinque anni: “Sono mandato non ad altro fine – scriveva – se non per additarvi il cielo per il quale siamo creati, per guidarvi al cielo. Una sola cosa cerco e spero da voi: le anime vostre che mi sono affidate da Dio con il debito per me gravissimo di guidarle al cielo”. In queste parole c’è il disegno del suo episcopato, a cominciare dai suoi sacerdoti che vivevano in condizioni precarie e in scarso numero. Comprese che la pastorale vocazionale e la cura del clero erano le priorità più urgenti per il bene il suo popolo. E a questo compito di Padre e Pastore si dedicò, nelle due Diocesi, in modo generoso e intelligente: la riforma degli studi e degli orari, la cura della formazione integrale, la provvista di luoghi di culto nei nuovi quartieri, il restauro della Cattedrale di San Lorenzo, la Scuola Superiore di Religione affidata ai Padri Barnabiti, e altro ancora. Alla base di ogni opera, fosse rivolta al Clero, ai Consacrati o ai laici, sempre vi era il fuoco di una fede senza riduzioni, la misura alta ed esigente del cristianesimo, convinto che fosse questo l’unico modo per scuotere le anime e suscitare fascino nel seguire Gesù secondo le diverse vocazioni. Sollecitato da questa ansia, volle creare in seminario un clima di famiglia sapendo che, senza, formarsi era più difficile. Fonda così la Congregazione delle Suore di Santa Marta, il cui nome è vocazione e compito: rendere il seminario, e qualunque altra opera che le Religiose avessero impiantato nel mondo, una casa accogliente, una famiglia che potesse continuare l’esperienza di Gesù a Betania.
“Preghiera, penitenza e servizio” erano per lui i punti fermi da declinare nella vita di ogni credente come della comunità cristiana e religiosa. Forse a non pochi tornano alla memoria le tre

parole tipiche e sempre essenziali dell’Azione Cattolica: preghiera, azione, sacrificio. La preghiera è la sorgente, l’azione ne è il frutto, il sacrificio è la misura dell’una e dell’altra.

Cari Amici, non è forse questo il programma di sempre, anche di oggi? Queste parole sono risuonate alte e convinte anche nell’Aula del Sinodo sulla Nuova Evangelizzazione. I tempi cambiano, ma l’uomo resta sempre un “cor inquietum”: Per questo il miglior alleato del Vangelo è l’uomo, e non dobbiamo temere nessuna crisi, né ostacoli. L’uomo viene dal cuore della Trinità ed è fatto per Dio, si porta dentro la Divinità anche se non lo vuole. Ma noi, specialmente noi Pastori, dobbiamo dare l’esempio di una fede che non sia solo un’adesione intellettuale od operativa a Cristo, ma innanzitutto un innamoramento del cuore. Fuori da questa passione, ogni evangelizzazione sarà fredda, solo un programma, forse anche impegnato ma sempre artificiale, e non affascinerà nessuno.
Il Beato Tommaso Reggio, di cui sono indegno successore, dal cielo ci benedica con larghezza.

Angelo Card. Bagnasco