“Andiamo senza indugio”

Omelia pronunciata in Cattedrale nella Messa della notte del Santo Natale
25-12-2018
 Cari Fratelli e Sorelle

La notte santa ritorna per portarci la luce. Anche i pastori hanno visto la luce risplendere nella notte: era la luce degli angeli che cantavano la gloria di Dio apparsa nel mondo. Essi, accogliendo l’invito celeste, “andarono senza indugio” verso la grotta di Betlemme per vedere il segno del Messia: “troverete un bambino avvolto in fasce, che giace in una mangiatoia”. Hanno visto e hanno riconosciuto il Messia, Colui che i Profeti avevano tante volte invocato con parole struggenti: “Se tu squarciassi i cieli e scendessi!” (Is 63,19). 

1.         Come è stato possibile riconoscere in tanta povertà la signoria di Dio? Riconoscere nella notte il bagliore della luce? Perché essi hanno visto dal di dentro! Perché il loro cuore era sintonizzato con Dio. Perché, grazie ad una vita semplice, erano più sensibili al bene; perché il duro lavoro aveva preservato il loro sguardo dalle distrazioni, dall’ansia di essere informati su tutto; la fatica li aveva plasmati per riconoscere l’essenziale. Potremmo dire che i pastori avevano meno cultura e più sapienza, non erano abbagliati dagli effetti ma dalle cause. Essi coltivavano il desiderio della verità e della bellezza – quella vera – che coincide con la bontà del cuore e della vita. Sì, i pastori erano abitati dal desiderio di Dio, e per questo l’hanno riconosciuto nei poveri panni di Betlemme; in quella fragile carne hanno intravisto il Re dei re, l’Atteso delle genti, Colui che avrebbe salvato l’uomo dalle oscurità del peccato e dall’ angoscia.  

Solo Dio poteva manifestarsi nel paradosso della povertà. Solo l’onnipotente poteva essere veramente umile! Lui non aveva bisogno di grandezza per farsi riconoscere. Per questo dobbiamo farci piccoli come i bambini e i pastori per riconoscerlo nella piccolezza. Non c’è altra strada.  In noi abita il desiderio di Dio? Il desiderio di incontrarlo, di riconoscerlo nel segno del limite, della debolezza, del bisogno? Oppure siamo accecati dalla voglia di potenza e di prestigio, di orgoglio e arroganza? La presunzione chiude gli occhi perché chiude il cuore, e allora anche la luce è buio. 

2.         Se in noi – come nei pastori – pulsasse il desiderio di incontrare il Signore, allora anche noi, come loro, ci metteremmo alla ricerca di Lui “senza indugio”. E’ questa una nota che rivela l’orientamento dell’anima, la verità del desiderio, là dove il nostro cuore tende. Quanti cristiani, oggi, si affrettano quando si tratta delle cose di Dio? Quanta indifferenza appare, quanta pigrizia! Sembra che Dio possa sempre attendere, che venga sempre dopo, che il resto sia sempre più urgente. Mentre spendiamo energie per mille cose anche futili, per cercare Dio, per stare con Lui nella preghiera, nella sua Parola, nell’Eucaristia, nella comunità, nel servizio ai bisognosi, sembra che non sia mai l’ora, che non si sia disposti all’impegno, alla pazienza, al sacrificio. In questa santa notte siamo qui, ed è un dono! Ma continueremo? Vogliamo crescere nel desiderio della sua presenza, del suo amore, della sua volontà che salva dalla tristezza, da una vita interiormente grigia anche se esteriormente forse scintillante?

In questi giorni ci viene offerta una grande grazia: sostare davanti al presepe e, guardando i pastori camminare verso la grotta, porci la domanda cruciale: desidero Dio? Desidero scoprire i segni della sua vicinanza? Non temiamo di risponderci con sincerità: porci la domanda sarà come metterci in cammino “senza indugio” verso il piccolo Gesù: Egli non si stanca di venire verso di noi. E sarà Natale.

                                                                                   Angelo Card. Bagnasco

                                                                       Arcivescovo Metropolita di Genova
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