Cari fratelli e sorelle, il Cammino sinodale non è finito. Con la votazione del Documento di Sintesi del Cammino, sabato 25 ottobre scorso a Roma, si è conclusa la fase di preparazione ma ora inizia la fase più importante, quella di attuazione dello stile sinodale proprio della Chiesa.
Da venerdì 24 a Domenica 26 Ottobre abbiamo avuto la grazia di vivere e condividere a Roma due eventi: il Giubileo delle équipe sinodali di tutto il mondo, nell’incontro con papa Leone in Aula Paolo VI e la celebrazione eucaristica in Piazza San Pietro; e la terza Assemblea sinodale delle Chiese in Italia, che ci ha condotti ad approvare il Documento di sintesi del Cammino sinodale italiano. Da Genova, insieme al vostro vescovo hanno partecipato i rappresentanti dell’équipe diocesana, Angela Testi, Sara Liga, Giancarlo Torre, il vicario episcopale per la sinodalità don Gianni Grondona e Pippo Armas, direttore della nostra Caritas, presente come delegato scelto da Caritas Italiana. Sono state due esperienze intense, bellissime, in cui raccogliere la grazia e l’impegno di questi anni così speciali ed entrare in un orizzonte nuovo.
Quindi: il Cammino sinodale è finito? Se formalmente abbiamo votato il Documento di sintesi finale, occorre ripeterci che no, non è finito. Mi piace riportarvi le parole di mons. Erio Castellucci, presidente del Comitato nazionale del Cammino, che avremo il piacere di ascoltare nel nostro primo incontro di Formazione Diocesana, il 22 novembre, a Genova. Aprendo la terza Assemblea, il vescovo Erio ci ha parlato di bellezza: “La nota della bellezza mi pare in grado di riassumere questi quattro anni. La bellezza, per i cristiani, non è solo armonia, ma è dono, impegno, sacrificio. Sono stati quattro anni belli, che ora possiamo vivere con gioia ed entusiasmo, come dice Papa Leone. Qua e là ci sono note di scontento, delusione e scetticismo. È fisiologico, da una parte, e dall’altra segnalano dei punti in cui si poteva sicuramente fare meglio. Ma con il malumore non si va da nessuna parte, non si attira nessuno, non si alimenta una Chiesa missionaria. Il Giubileo delle équipes sinodali, di cui facciamo parte, ci suggerisce di vivere con giubilo anche questo momento conclusivo, che nella sua forma burocratica potrebbe attenuare l’entusiasmo.”
Sabato scorso, abbiamo dunque votato il Documento di sintesi, più ampio e più rispondente alla ricchezza dell’ascolto di questi quattro anni rispetto alla precedente formulazione, non accettata dalla seconda Assemblea sinodale di aprile. Una rimandatura che ad alcuni sembrò un momento di crisi e a noi parve un regalo, uno sprone dello Spirito. Gli stessi vescovi decisero, in modo del tutto inusuale, di rimandare la loro assemblea da maggio a novembre, per dare più tempo al Cammino. Sono stati mesi di rilettura, nuovo confronto, riscrittura, un lavoro paziente e appassionato che, naturalmente, ci ha coinvolti anche a Genova e ci ha messi a confronto con le équipe sinodali delle altre diocesi liguri. A Roma, sabato scorso, abbiamo messo tutto in comune votando passo passo ogni parte del Documento di sintesi, in una giornata lunga e laboriosa ma arricchente, piena di senso e di prospettiva.
Ecco, la prospettiva. Ora che abbiamo votato, ora che abbiamo raccolto in un testo comune la sintesi di questi anni e di migliaia di voci – ricordava ancora il vescovo Erio che nel primo anno sono stati incontrati e coinvolti 50.000 gruppi, “un ‘unicum’ nella storia recente del nostro Paese e nella nostra esperienza ecclesiale” – ci aspetta una trasformazione fondamentale da compiere: dal pensare la chiesa sinodale all’essere chiesa sinodale. Diventare, percepirsi, comportarsi, convertirsi, incontrarsi e accogliersi come chiesa sinodale. Ora si apre una tensione, la tensione provocata dallo Spirito. Mi sembra appropriato ricordare Giovanni 16, le parole di Gesù: “Ancora un poco e non mi vedrete; un po’ ancora e mi vedrete”. Sono parole con cui il Maestro rimanda i suoi discepoli di allora e di oggi al tempo in cui Egli non sarà più presente ma questo sarà necessario perché scenda lo Spirito. E’ il tempo in cui si viene spinti verso il coraggio di essere persone nuove, di essere cristiani. Una tensione verso lo Spirito che viene a trasformare, consolare, rallegrare, indicare la verità tutta intera. Allo stesso modo, il primo tempo del nostro Cammino è finito perché cominci il nostro essere Chiesa nuova. Un passaggio impegnativo e fondamentale.
Ho sempre ripetuto, senza temere di stancare, che quello che ci interessa è cosa lo Spirito dice alla Chiesa e, in particolare, cosa dice alla nostra chiesa di Genova. Ci siamo messi in ascolto insieme, con quanti hanno voluto farlo attivamente e anche avendo presente la fatica di coloro che non si sono sentiti ascoltati. Ora si apre il tempo di vivere quella tensione, di vivere sinodalmente, di lasciarci portare avanti, di farlo unitariamente. Nessuno è mai stato escluso, nessuno si senta fuori.
Il Documento di sintesi ci consegna due direttrici molto chiare, su cui mi sembra che la chiesa di Genova abbia già iniziato a muovere i primi passi: la corresponsabilità dei battezzati, di tutti noi nel vivere e testimoniare il Regno di Dio, nella coralità dei ministeri e dei ruoli; e la formazione per tutti, tutti, tutti. E’ chiaro: ci sono tanti altri aspetti che il Documento – e la nostra vita concreta – pone come importanti, per essere chiesa davvero sinodale. Anche per questo vi invito a leggere con pazienza il Documento già disponibile sui siti diocesani e della Chiesa italiana. Ma, una volta letto, si tratta di vivere. Papa Leone, parlando a braccio nell’incontro in Aula Paolo VI, ci ha confessato: “Personalmente, poche volte nella vita mi sono sentito ispirato da un processo; mi sono sentito ispirato da persone che vivono l’entusiasmo della fede”. E così, anche noi sappiamo che poche volte un Documento cambia la nostra vita: cambieremo solo se lasceremo all’entusiasmo dello Spirito di continuare a operare in noi, per renderci veri, testimoni e missionari.
