Cenacoli missionari nella parrocchia di Boccadasse

«Il vero missionario condivide la fede come il pane. Cristo stesso lo attira a sé e lo chiama a sporcarsi le mani con la pasta della storia, affinché la fede, come lievito, possa operare nella storia e nelle culture dei popoli, fino a trasformarle dall’interno». (Papa Leone XIV, al XVII Congresso Nazionale Missionario del Messico)
Queste parole, pronunciate da papa Leone XIV, offrono una sintesi luminosa della vocazione missionaria della Chiesa. Il missionario è colui che entra nel cuore del mondo non per dominare, ma per amare; non per imporsi, ma per servire; non per cercare vantaggi o prestigio, ma per condividere la fede come pane quotidiano, donato e spezzato con umiltà.
Questo appello interpella le nostre comunità cristiane, spesso tentate di trasformarsi in spazi di efficienza o di mercato pastorale, più che in segni viventi di giustizia, fraternità e comunione. La vera missione non nasce dall’organizzazione — che pure è necessaria e va affrontata con competenza — ma dalla dimora di Dio nel cuore dell’uomo. È in questa presenza silenziosa, fatta di preghiera e carità concreta, che la Chiesa ritrova la sua linfa e la sua identità profonda. Nel tempo presente, segnato da secolarizzazione, violenza e frammentazione, la missione assume il volto della fedeltà e della perseveranza.
Molte Chiese vivono “nella tempesta degli eventi”, faticando a riconoscere la propria competenza spirituale e profetica. Eppure, come ricorda il Papa, solo attraverso la preghiera perseverante, il sacrificio e il sostegno spirituale e materiale reciproco si può rigenerare la missione e restituire speranza.
In questo contesto si rinnovano i Cenacoli Missionari, segno discreto ma potente del cammino ecclesiale diocesano. Essi sono il luogo dove si custodisce “un po’ di lievito che una donna mescola con una grande quantità di farina, finché tutta la pasta è lievitata” (Mt 13,33). Un piccolo gesto, privo di like, lontano dai riflettori e dai social, ma ricco di autenticità, perché fondato sulla preghiera, sorgente di ogni missione. Solo chi vive in adorazione può portare Dio nel mondo e lasciare che la fede trasformi le culture dall’interno, come il lievito che opera silenziosamente fino a fermentare tutta la pasta.
L’adorazione eucaristica, la recita del rosario e la celebrazione della messa sono le mani vive della Chiesa, strumenti di una missione fatta di giustizia, carità, fraternità e lealtà.
Essi alimentano la speranza, rendono i credenti solidali e attenti, capaci di accogliere e trasformare con pazienza la realtà che li circonda.
È un lento processo di fermentazione, nel quale la fede si mescola con la vita quotidiana, fino a far fiorire nei cuori opere di santità e bellezza uniche. Non c’è altra via: la massa deve continuare a fermentare, affinché il Vangelo diventi pane capace di nutrire la fame più profonda del popolo di Dio.
Ogni credente è chiamato a essere lievito buono, che si mescola con la storia per farla rinascere dall’interno. Il Signore Gesù continua a chiamare i suoi discepoli a essere “le mani della Chiesa”, che mettono il lievito del Risorto nella pasta della storia, perché la speranza torni a fermentare e la vita a fiorire. Non basta dire “sono cattolico”: occorre, come ammoniva san Giovanni Crisostomo, mettere le mani nella pasta del mondo, lasciando che il Vangelo penetri e trasformi la vita. Il Regno di Dio non cresce con la forza o con i numeri, ma con la pazienza di chi ama, di chi continua a impastare insieme a Dio la materia viva della storia.
Essere missionari, come dice papa Leone XIV, “significa portare speranza dove prevale la paura, fraternità dove regna la divisione, luce dove c’è oscurità. Il missionario non porta solo parole, ma la vicinanza di Dio, la consolazione e la possibilità di una vita nuova. Il vero missionario non domina, ma ama; non impone, ma serve; non strumentalizza la fede per ottenere vantaggi personali – né materiali, né di potere, né di prestigio –, ma condivide la fede come il pane”. Spesso dimentichiamo che siamo tutti missionari!!!!!
È questa la grande rete di solidarietà spirituale e umana nella quale ogni battezzato è chiamato a entrare, e che trova nei cenacoli missionari il segno concreto di una comunione viva: realtà che scelgono di “sporcarsi le mani” nell’offerta della preghiera, affinché la vita torni a profumare di Vangelo. Ciò significa che ogni comunità cristiana è invitata a vivere momenti semplici e autentici di preghiera missionaria, per riscoprire la bellezza di una fede che si dona e che, proprio nel dono di sé, rinnova il cuore della Chiesa e del mondo.

don Francesco di Comite