Padre Gaetano Piccolo al secondo incontro: «La consapevolezza di ‘sentirsi figli’» IL VIDEO E LE FOTO

Sabato 13 dicembre la nostra Chiesa si è riunita per il secondo incontro della Formazione Diocesana. Tema dell’incontro “Nel Figlio amato anche noi diveniamo figli” e relatore appassionato e appassionante padre Gaetano Piccolo, filosofo gesuita.

Nell’introdurre l’incontro, l’Arcivescovo ha ricordato la chiamata di Pietro (Mc 1,16-18), sottolineando come l’apostolo abbia risposto ad una proposta: diventare pescatore di uomini.
Un’avventura entusiasmante che vale la pena vivere, anche quando non tutto ci sembra chiaro.

Dopo il riassunto dell’incontro precedente fatto da don Gianfranco Calabrese, padre Gaetano Piccolo ha esordito con una nota biografica: proprio trenta anni fa iniziava qui a Genova in noviziato il suo cammino da gesuita!
Quindi ha davvero preso per mano gli ascoltatori accompagnandoli a scoprire come la pace nasca proprio dalla consapevolezza di essere figli amati gratuitamente.
L’importanza di stare dentro relazioni dove si viene chiamati per nome. Il giovane ricco (Mc 10,17-30) non ha nome, ha sempre vissuto una vita di dovere e chiede al maestro cos’altro deve fare per essere felice. Ma Gesù all’esteriorità contrappone l’interiorità, gli guarda dentro (in greco ἐμβλέπω emblépo), lo ama a prescindere da ciò che ha fatto e da ciò che non ha fatto.
E poi tre verbi: vendere, dare (lui che era andato per prendere) e seguire. Ma il ricco non rischia, preferisce la sicurezza del suo mondo di doveri.

Se oggi Gesù guardasse dentro di me cosa troverebbe? Senso del dovere o desiderio di seguire?
Quindi padre Gaetano ha analizzato la difficoltà dell’annuncio di Gesù che traspare da tutto il capitolo 6 di Giovanni, e proprio in quella situazione di fallimento Gesù chiede di costruire la relazione. Mette i discepoli davanti al bisogno degli altri: la relazione con lui deve passare dallo sguardo sulla fame della gente.

I discepoli danno risposte umane, strategie di buon senso, ma la soluzione di Gesù va in una direzione diversa: il vangelo non chiede di moltiplicare (come dei manager) ma di dividere, condividere.
I discepoli poi salgono sulla barca senza Gesù, arriva la tempesta e si sentono perduti.
Siamo sicuri che Gesù sia sulla nostra barca? Perché lo cerchiamo? Per il pane o per la relazione con lui?
In una relazione ci si sceglie e Gesù ci ha scelto: “Non vi chiamo più servi, ma amici” (Gv 15,15); l’amicizia è la relazione gratuita per eccellenza perché l’amico non fa sentire in dovere o in colpa, è contento di vederti, gioisce di quello che fai, non misura l’amore. E Dio è proprio questa relazione del gratuito e dell’amicizia.

E nel momento di maggior difficoltà, dopo il tradimento di Giuda, Gesù ci lascia il suo comandamento più grande, ”che vi amiate gli uni gli altri come io vi ho amati” (Gv 13,34).
Non è sufficiente la reciprocità (che non è concetto evangelico) ma perché ci sia vera pace è necessario lo stile di Gesù, la gratuità che viene rappresentata dal seminatore della parabola, che semina senza calcolo, secondo una logica dello “spreco”: chi ama veramente spreca.
E Dio ama ogni terreno in qualunque momento e in qualunque condizione si trovi.

Padre Gaetano nella sua relazione ha davvero toccato menti e cuori, e ha concluso regalandoci una preghiera composta da lui nei suoi anni genovesi:
Lasciami entrare nel tuo cuore
Busso alla porta del tuo cuore:
lasciami entrare, Gesù!
Lasciami entrare con le mie ferite,
lasciami entrare con il mio dolore.
La porta del tuo cuore è aperta,
ma io sono fermo.
Il peso del passato mi blocca,
il carico delle mie ragioni mi frena.
Lasciami entrare, Gesù, nel tuo cuore!
Abita, ti prego, la mia solitudine,
liberami dalla mia impazienza,
guariscimi dalle mie malattie.
Lasciami entrare, Gesù, perché non trovo pace!
Lasciami entrare con le mie paure,
lasciami entrare con le mie delusioni,
lasciami entrare con i miei errori.
Dove non sono stato accolto, tu abbracciami, Gesù!
Dove non sono stato visto, tu guardami, Gesù!
Dove non sono stato curato, tu guariscimi, Gesù!
Dove non sono stato amato, tu accoglimi, Gesù!
Il tuo cuore sia la mia casa,
le tue ferite siano il mio giaciglio,
le tue parole siano la mia lampada,
il tuo sguardo sia la mia consolazione.

Marco Spotorno

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